Giacomo Malfanti
In studio a Monticelli, 1990 ca. - Foto C. Murelli
Conoscevo Giacomo Malfanti come conoscevo la maggior parte degli artisti piacentini.
Passavano dalla mia tipografia per la stampa del catalogo in occasione delle loro mostre, in città o in altre località. Sapevano che era probabile che il pagamento dello stampato poteva concludersi con l'offerta di un loro dipinto. Effettivamente, era così!
Ma il rapporto con Giacomo Malfanti divenne più stretto ed amichevole nel 1977, in occasione della pubblicazione di una sua corposa monografia, curata da Ferdinando Arisi.
Mi recavo spesso a Monticelli d'Ongina nello studio di Malfanti, per controllare se le prove di stampa corrispondevano ai colori dei dipinti illustrati.
In quelle visite di lavoro, per me anche di piacere, mi fermavo ad ammirare “Pace” attento a dipingere, con quella sua pennellata larga e piena di colore, mettendo, infallibilmente, il colore al posto giusto.
Dipingeva chiacchierando, con quel tono di voce dolce e sommessa che esprimeva tutta la sua bontà e la modestia era la sua virtù.
Consegna di “Scatolame”, anni ’90
Terminata la stampa del catalogo monografico, mi chiese se era possibile pagarne una parte in cambio di alcune opere. Ed io, come avevo sempre fatto con altri artisti, accettai con piacere.
E qui nacque la nostra amicizia.
Amicizia che sfruttai qualche anno dopo chiedendogli in dono, per la Galleria Ricci Oddi, il dipinto “Barattoli” (in realtà, il titolo dell'opera è “Scatolame”. ndr). Non si fece pregare: ritornai a Piacenza con il dipinto nel bagagliaio dell'automobile. Dopo avermi offerto il caffè volle mostrarmi alcuni quadri che aveva conservato per sé e per i suoi eredi e che non avrebbe mai venduto.
Una parte di quei dipinti sono raccolti in questo sito e documentano la forza espressiva di un artista che, se invece di operare in un paese di provincia si fosse spostato in una grande città, sarebbe elencato fra i grandi artisti in campo nazionale.
(L. Gallarati, presidente dell'Associazione Amici dell'Arte di Piacenza)