Conoscevo Giacomo Malfanti come conoscevo la maggior parte
degli artisti piacentini.
Passavano dalla mia tipografia per la stampa del catalogo
in occasione delle loro mostre, in città o in altre località.
Sapevano che era probabile che il pagamento dello stampato poteva concludersi
con l'offerta di un loro dipinto. Effettivamente, era così!
Ma il rapporto con Giacomo Malfanti divenne più
stretto ed amichevole nel 1977, in occasione della pubblicazione di una sua
corposa monografia, curata da Ferdinando Arisi.
Mi recavo spesso a Monticelli d'Ongina nello studio
di Malfanti, per controllare se le prove di stampa corrispondevano ai colori
dei dipinti illustrati.
In quelle visite di lavoro, per me anche di piacere, mi
fermavo ad ammirare “Pace” attento a dipingere, con quella sua
pennellata larga e piena di colore, mettendo, infallibilmente, il colore al
posto giusto.
Dipingeva chiacchierando, con quel tono di voce dolce
e sommessa che esprimeva tutta la sua bontà e la modestia era la sua
virtù.
Terminata la stampa del catalogo monografico, mi chiese
se era possibile pagarne una parte in cambio di alcune opere. Ed io, come
avevo sempre fatto con altri artisti, accettai con piacere.
E qui nacque la nostra amicizia.
Amicizia che sfruttai qualche anno dopo chiedendogli in
dono, per la Galleria Ricci Oddi, il dipinto “Barattoli” (in realtà,
il titolo dell'opera è “
Scatolame”.
ndr). Non si fece pregare: ritornai a Piacenza con il dipinto nel bagagliaio
dell'automobile. Dopo avermi offerto il caffè volle mostrarmi alcuni
quadri che aveva conservato per sé e per i suoi eredi e che non avrebbe
mai venduto.
Una parte di quei dipinti sono raccolti in questo sito
e documentano la forza espressiva di un artista che, se invece di operare
in un paese di provincia si fosse spostato in una grande città , sarebbe elencato
fra i grandi artisti in campo nazionale.
(L. Gallarati, presidente dell'Associazione Amici dell'Arte
di Piacenza)