Malfanti non fu ritrattista, anche se di ritratti ne dipinse parecchi.
È del 1944 un incunabolo, il pastello di una testa di bambino che
rivela qualità fuori dal comune.
I ritratti li dipinse sempre dopo qualche resistenza, a meno che non fossero
modelli per studi di carattere, come quello del barcaiolo Giuspì n,
colto nel riposo dell’osteria, davanti a uno scodellino di rosso, per
dimenticare. Con Giuspì n si passa dal particolare all’universale;
è un uomo che non è contento della vita , anche se non vuole
morire.
Eccellente è il ritratto di "Luisella", la bambina di un amico,
esposto nel ’56 e nel ’57. La Galleria Ricci Oddi l’acquistò
nel 1957, quando era stato ammirato nella sala superiore della pasticceria
Pirola di Piacenza insieme al ritratto del notaio Volpini.
Di solito erano gli amici del paese che gli chiedevano il ritratto dei
famigliari. “No, no”, si difendeva, “mi fai soffrire!”",
ma poi…..soffriva e lo dipingeva; nacquero così quelli del figlio del
maestro Garilli, di Paola e Isacco Rinaldi, di Lino Eremo e di tre suoi nipoti;
ma ci sono quelli della famiglia, a cominciare da quello della madre, un eccellente
ovale del 1962, caratterizzato da accordi sottili, da campiture ampie legate
senz’urti nella nostalgia di una persona cara, fuori del tempo, e c’è
poi l’autoritratto del 1976, donato dalla famiglia al Comune di Monticelli,
eseguito in occasione della mostra antologica dei settant’anni, agli
Amici dell’Arte di Piacenza, e del libro su di lui pubblicato nell’occasione.
Del ritratto in plastica della madre, si parla nella voce sculture.