Nature morte
Inizia negli anni ’50 con fiori appassiti, prendendo a modello gli scarti del cimitero destinati allo spazzino, che un parente gli portava in studio. Non erano, però, le nature morte, i pezzi forti delle sue personali, come notò Aldo Ambrogio, a proposito di quella di Piacenza in Via Cavour 35, nel febbraio del 1954 (“Libertà”, 14/2/1954). Su ventisei quadri, le nature morte erano solo quattro (delle quali due di fiori). Numerosi i paesaggi, una decina, e i soggetti di genere: “Gli aratori”, “Le sartine”, “Le lavandaie”, “Danze sull'aia”, “Ritorno dal mercato”, “Osteria sul Po”, “Contadini”, “Le maldicenti”, “Donne di casa mia”. Per Ambrogio il pezzo forte era “Inverno gramo” per i paesaggi, “Ritorno dal mercato” per i soggetti di genere. Anche nella personale del ’57 le nature morte non sono numerose. A.Ambrogio (in “Libertà” del 24/2/1957) segnala due dipinti: “Speronelle” e “Garofani bianchi e rosa”.
In generale, specialmente verso il ’60, i colori sono quaresimali; più tardi, verso il ’70, i colori diventano più vivi, e sceglie frutti opportuni: angurie spaccate, melegrane, peperoni, su tovaglie bianco rosate o dentro una zuppiera che nel bianco ha dell’azzurro.
Sul finire degli anni ’70, i colori non sono più accostati ad intarsio. Nella collezione Rinaldi di Reggio Emilia, c’è una natura morta di frutti, del 1965, dai colori tenui, con la quale contrastano per vivacità cromatica, quelle di vasi e barattoli che dal 1968 al 1993 costituiscono varianti di un soggetto che lo interessò per molti anni, riepilogato nella natura morta di barattoli di grandi dimensioni donata nel 1997 da Malfanti alla Galleria Ricci Oddi, intitolata “Scatolame”, dove l’accostamento dei colori e la dosatura delle luci non temono il confronto con i colori e le luci della realtà, il primo piano di una discarica nella quale si rovesciano le tensioni accumulate nel dipingere ritratti di persone e di cose, comprese le vedute di luoghi lontani dalla finestra del suo studio, per accontentare l’amico Eremo che gli chiedeva le vedute del Torrione Farnese di Castell’Arquato, della Rocca d’Olgisio e del Castello di Vigoleno per le copertine dei suoi libri.
Di nature morte Malfanti ne dipinse moltissime, a volte composte sul tavolo di cucina se si tratta di frutti, a volte sul foglio di carta gialla di paglia che usavano i negozianti, come usò spesso anche Luigi Arrigoni; quasi sempre con risultati buoni, a volte eccellenti come nella natura morta di frutti donata dalla famiglia al Comune di Monticelli.