Rare le Madonne; numerose invece le “Crocifissioni” e le “Deposizioni”.
Nel 1956 espose a Piacenza, nella vetrina di un negozio del centro, una
“Crocifissione” così commentata da Aldo Ambrogio in “Libertà”
(27/6/1956): “Sul tono basso, grigio verdastro, della scena, la vetta
del Calvario affiora appena dal basso e s’intaglia sul cielo, degradante
in cortine di nuvole fosche e plumbee verso un alto squarcio di azzurro. Sulla
vetta si alza altissima, filiforme, un’esile croce, che reca il piccolo
Cristo crocifisso, bianco, argenteo, luminoso sull’alto squarcio azzurro
del cielo. Radi, lievi alberi filiformi sorgono intorno. Al piede dell’esile
croce il gruppo della Madre e delle pie donne in atto di straziante dolore.
Espressione quanto mai suggestiva, ottenuta con una originale e ardita deformazione
simbolicamente poetica”.
L’anno dopo partecipò alla mostra di Arte Sacra allestita
a Palazzo Gotico, dopo aver esposto ancora la stessa “Crocifissione”
nella personale presso la pasticceria Pirola di via Cavour, abbinata ad una
“Deposizione”, “esasperata, dalla tonalità tragica
e cupa , raccolta da una curva che freme come un incubo, tracciata con un
doloroso nervosismo (A.Ambrogio in “Libertà, 24/2/1957).
La “Deposizione” conservata nel convento dei Francescani di
S. Maria di Campagna, a Piacenza, presentata nel 1969 nella mostra di Arte
Sacra organizzata in quel convento, è forse la versione di maggiore
impegno; sono interessanti, però, anche alcune di quelle sviluppate
in orizzontale, con tanta gente intorno al corpo di Gesù.
Queste versioni “minori” superano l’iconografia tradizionale
perché invece della Madonna, di S. Giovanni e delle tre Marie è
il popolo che accompagna verso il sepolcro Gesù morto, come in un funerale
di paese.
È singolare la versione “laica” del 1974, con la croce
fuori campo, nel cuore, negli occhi di chi ha visto soffrire e morire un parente,
un amico.
Nella nota sulle Sculture si ricorda una piccola “Deposizione”
modellata con il pongo.